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Sant Martí Vell, il capolavoro di Elsa Peretti e la definizione di eclettismo
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Andare oltre l’eclettico – la confusione diventa espressione di un’identità umana, culturale, professionale: Elsa Peretti elaborava il disordine del mondo in una forma organica
Eclettico, Elsa Peretti – definizione e superamento della definizione
Eclettico significa raccogliere provenienze diverse e combinazioni disorganiche, senza un criterio razionale. Nella confusione di tutto quanto Elsa Peretti abbia collezionato nel corso della sua esistenza, conservato e disposto, in ogni passaggio si riconosce il suo modo e la sua maniera, una sua firma intellettuale. In questo disordine che mai più che altrove possiamo comprendere come energia, Elsa Peretti disegnava oggetti organici quanto lineari, volumi in purezza. Solo design, nessun decoro. Che fosse un gioiello ispirato a un osso umano o a un fagiolo di un campo, che fosse un candelabro come se l’argento si allungasse secondo una gravità lunare e non terrena. Riferendosi a Elsa Peretti, la parola eclettico potrebbe apparire riduttiva.
Accostamenti come graffi, contrasti come schiaffi. Ogni elemento in reazione con l’altro – ma no, non è vero. La discronia è apparenza. Ogni sberla è coerente con il ritmo, una danza di flamenco ma senza chitarra. Mick Jagger ammanettato e un’incisione di Picasso del 1936. Il segno zodiacale del Toro, vicino al letto una copia Fratelli d’Italia di Arbasino già per Adelphi. Un legno calato in bronzo con paravento giapponese in foglia d’oro; niente Mongiardino solo Andy Warhol.
Elsa Peretti e Antoni Gaudì, un concerto di flamenco, jazz e Bossa Nova
Il suo primo riferimento era Gaudí. Nella Sala Grande di Sant Martí Vell, al piano inferiore, nell’angolo di fronte allo scalone, ci sono due sedute di Antoni Gaudì. L’organicità del fango, bloccato al sole o sedimentato nei secoli, la roccia calcarea lavorata dalla spuma del mare. Elsa Peretti sapeva circondarsi di tutte le complicazioni naturali e umane, dal barocco romano del Bernini a un primordiale scheletro animale; dall’oro francese di Versailles a una tappezzeria di una sala da pranzo inglese. Libri, riviste, gossip e cataloghi d’aste – ma sotto tanto rumore, Elsa trovava il silenzio di una vibrazione di luce. Elsa Peretti apriva il cuore di uno smeraldo, come in un’operazione di chirurgia o pulizia, eliminava il superfluo e l’eclettico, e trovava la forma che voleva. Sto esagerando in poesia – Elsa preferiva ballare, mangiare e riderci su.
Un concerto di flamenco, mescolato al jazz e alla Bossa Nova con il ritmo su due quarti. Il flamenco nasceva in Andalusia nel lontano Settecento, come linguaggio di sfogo, accompagnato dal ritmo dei piedi – soltanto dopo sarebbe stato musicato dalla chitarra. Elsa Peretti organizzava una festa in piazza, a Sant Martí Vell.
Elsa Peretti e il villaggio di Sant Martí Vell
Scoprì questo villaggio nell’entro terra della Catalogna, tra le montagne, non così distante dal mare e dalla Costa Brava, da una fotografia della sua amica Colita. Vi arrivò negli anni Settanta, e muro dopo muro, comprò le case abbandonate, quelle ridotte a rudere. Le restaurò, a una a una. Recuperò i sottopassaggi e i cunicoli, scavati nella collina – come nascondiglio durante la guerra o come cantine o dispense. La casa più piccola è quella che affaccia sullo slargo dietro l’abside della chiesa – Elsa Peretti avrebbe restaurato anche la chiesa, e qui oggi riposa, in una cripta e sotto un tappeto di fiori.
Dalla piazza si entra nella Casa Pequena. Elsa comprò 24 abitazioni e 3 masi, a Sant Martí Vell e nella campagna appena circostante. Elsa era una donna ricca, il suo contratto con Tiffany & Co. fu firmato nel 1974 – c’è una foto con Henry Platt, storico CEO e presidente di Tiffany & Co. scattata a qui tempi. Oggi i gioielli di Elsa Peretti hanno una valenza di moda, non solo di oreficeria. Tra i disegni che Elsa presentò alla casa americana, ci fu una bottiglietta appesa al collo. La portò ai primi colloqui. Nelle sue estati italiane, a Portofino come in altri luoghi della sua infanzia, Elsa era rimasta a osservare le donne con i fiori in mano. Si chiese come le donne potessero portarli al collo, questi fiori, e farli vivere. Una bottiglietta da riempire con un poco d’acqua, per il gambo di una orchidea – così che intorno al collo le donne potessero portare petali in vigore.
Elsa Peretti, gli artigiani di Xavier Corbero e il disegno della goccia
Una recente serie TV ha raccontato gli inizi della carriera di Elsa Peretti quale collaboratrice di Halston – e l’intuizione del disegno per una bottiglia di profumo: la forma a goccia. Elaborando poi ancora la forma della goccia, sarebbero nati i primi gioielli – lavorati nella manifattura di Barcellona, tramite gli artigiani collaboratori di Xavier Corbero, con il quale Elsa ebbe una relazione sentimentale che si sarebbe trasformata in amicizia di una vita.
Xavier Corbero nasceva da una famiglia di artigiani del metallo, il suo laboratorio si trovava nel distretto dell’Esplugues de Llobregat – dove oggi sorge l’installazione monumentale che segna Corbero tra gli artisti spagnoli vicini per calibro a Gaudí. Furono questi gli artigiani che permisero a Elsa Peretti di diventare una creatrice di gioielli, insegnandole l’arte della forgiatura e mostrandole in quale direzione la fantasia potesse spingere.
Elsa, Barcellona e la Guache Divine
Una tra le prime collane che Elsa disegnò fu un ciondolo a goccia – disse che era meglio, per una donna, avere le gocce sul collo, piuttosto che tra le ciglia. Questa goccia la regalò a Colita, che l’avrebbe indossata per tutta la vita. Il vero nome di Colita era Isabel Steva – documentò la transizione democratica della Spagna, le proteste e la caduta di Franco. È stata una delle figure di spicco della Gauche Divine, di cui anche Elsa faceva parte, così come Ricardo Bofill. Dopo la scomparsa di Colita, avvenuta il 31 dicembre 2023, l’Archivo Colita Photography e il suo direttore, Francesc Polop, perpetuano l’opera dell’artista.
La Gauche Divine fu un movimento intellettuale che si mosse a Barcellona tra gli anni Sessanta e Settanta: trovò luogo nel night club il Boccaccio, divenne un’etichetta discografica e cinematografica. Fu il giornalista Joan de Sagarra a coniare il nome Guache Divine sulla rivista Tele/eXprés a ottobre del 1969. I borghesi della città si mescolavano agli artisti, architetti – una mostra fu aperta a Palau de La Virreina nel 2002.
Cadaques, Salvator Dalì è una foto di Elsa scattata da Oriol Maspons
Cadaques. Salvator Dalì volle conoscere Elsa quando la vide in una foto di Oriol Maspons. L’immagine ritrarre Elsa tra le sedie, con le gambe in posa grafica e volutamente sgraziata, indossando un abito corto, eclettico a stampa geometrica. In questo scatto si ritrova la sintesi di quella che era la moda di quegli anni, resa iconica da Twiggy nella Swinging London, qui con Maspons in una sfumatura mediterranea e spagnola – nella grana e nella pastosità della pellicola, nella mano che tocca il volto, nella posa tirata, allungata, che toglie la prospettiva con un taglio dissacrante. (Anni dopo, la Fondazione Elsa Peretti sosterrà economicamente il restauro dell’archivio di Oriol Maspons).
In quegli anni la costa intorno a Cadaques era un susseguirsi di case di pescatori, affacciate sulle rocce levigate e basse tra lembi di sabbia e moti naturali, piccole anse e micro-arcipelaghi dove la pesca era un lavoro non poi così duro. Tutto era azzurro – le pareti interne delle case erano fermate da calce mescolata a lapislazzulo. Ne nasceva un turchese non intenso, un azzurro che si definiva Blue Montserrat – la tecnica edile era tipica di questa zona della catalogna. Cadaques era un luogo dove la generazione ribelle si mescolava ad artisti e scrittori che tra quell’azzurro, calce e sale di mare, cercavano tranquillità.
Sant Martí Vell e il Blue Montserrat
Tutte le pareti delle case di Elsa Peretti a Sant Martí Vell sono dipinte in Blue Montserrat – soltanto nella Sala Grande, nella nicchia di un calorifero, tra le pietre scure, troviamo un pannello dipinto in Blue Klein, la tonalità più intensa e compatta. Poco distanti da questo angolo, troviamo due sedie in bronzo ossidato verde lavorate dal calco di un tronco di albero e scavato con una geometria ellittica. Un banco da cucina e un salotto di divani in pelle nera e lucida – un tavolo al centro coperto da libri, riviste, oggetti eclettici e soprammobili – la disposizione dei tavoli ha il valore di una installazione: la cromia delle copertine, i volumi su piani e dislivelli.
Lo scalone compone la volta del camino – la calce fermata da un canniccio per dare la cura, si riconosce l’impronta della moltitudine di steli. Il camino fu disegnato da Lanfranco Bombelli, proprietario della Galleria Cadaques insieme a Peter Harnden. La Galleria era il centro culturale della zona, esponendo e vendendo lavori di tutti gli artisti che d’estate villeggiavano in quel tratto di costa. Nel 1966, Marcel Duchamp firmò un assegno da 10 dollari che non fu mai incassato e che diventò un ready made per la galleria. Quando Harnden morì, Bombelli organizzò una sorta di mostra definitiva per reperire fondi e restaurare il cimitero di Cadaques, dove Harnden aveva indicato di voler esser sepolto.
Release di Richard Hamilton, la Swingeing London: il dialogo tra arte locale e arte globale, quando l’eclettico diventa ironico, forse cinico
Il tavolo è una pietra da mulino del Diciottesimo secolo. Un calco della mano di Maria Luigia Pighini – la madre di Elsa Peretti – è un gesso di cui non si consce l’autore. Alla parete in alto, le foto di Hiro: i pesci giapponesi, e gli uccelli in combattimento. L’arte catalana, locale, meno recente, recuperata da collezioni private così come anche da rigattieri del villaggio, sono accostati all’arte contemporanea americana. L’arte locale e l’arte globale sono in dialogo.
Ancora possiamo dire eclettico – ma la dimensione è quella dell’ironia, della leggerezza, se vogliamo anche un tocco di cinismo. Release di Richard Hamilton, parte della serie Swingeing London: Mick Jagger e Robert Fraser, conosciuto anche come Groovy Bob, ammanettati e portati via in auto dalla polizia – sarebbero stati arrestati per possesso illecito di droga. Con Release, Hamilton elaborò una tra le fotografie da cronaca nera scattate dai fotoreporter a caccia di celebrità e scandalo criminale. Lavorò con 17 stencil colorati. La serie è di 150 esemplari, di cui una è qui a Sant Martí Vell.
Duchamp, la Tauromachia e la Battaglia di Versailles
Elsa abitava tutte le case di Sant Martí Vell – sia quelle interconnesse tra loro, sia quelle autonome. Dove si trovava la sera, nella stanza più vicina sarebbe rimasta a dormire. Gli spazzolini da denti in ogni angolo – c’era sempre lo staff di servizio. Un quadro di Duchamp, una piccola collezione di Matisse, anch’egli nel giro del borgo, intorno agli anni Settanta. Scene di tauromachia in omaggio al suo segno zodiacale – Elsa Peretti nacque il 1° maggio del 1940 – tutto vorticava intorno all’amore per gli animali, per i cani e per gli uccelli che entravano e uscivano dalle finestre della casa. Voliere aperte, nidi sui muri per le rondini. Le pareti della cucina lasciate nere di fuliggine, mai imbiancate – un antro di nero e ombra, il tavolo apparecchiato con i candelabri – quelle candele, così lunghe e sottili, così difficili oggi da trovare e comprare.
In una fotografia, Elsa cammina a Fire lsland, a quei tempi meta protetta per la comunità artistica, sovversiva, promiscua e gay. Lo scatto è di Charles Tracy, nel 1972. Elsa indossa un vestito di Stephen Burrows, uno tra i cinque stilisti che l’anno successivo avrebbe partecipato alla Battaglia di Versailles. Gli altri quattro furono: Anne Klein, Bill Blass, Oscar de la Renta e Halston – a scontrarsi in una sfilata competizione con Hubert Givency, Yves Saint Laurent, Pierre Cardin, Emmanuel Hungaro e Marc Bohan per Dior. L’idea fu di Eleanor Lambert alla ricerca di fondi per finanziare il restauro del castello. I francesi mandarono in scena la couture, gli americani i vestiti grafici da club notturno, minigonna, strisce e paillette. Elsa era lì con Halston; Liza Minelli, Marisa Berenson passavano dal fronte al retro del palco.
La natura biomorfica, una fotografia di Colita, lo scheletro del serpente, Christo e la torre cisterna per l’acqua piovana
Ralph Rucci trovò una definizione per la maniera di Elsa Peretti: si parlò di natura biomorfica. Oltre ogni forma di eclettismo, Elsa coglieva la curva e la linea dei muscoli e delle cartilagini. Altre fotografie sulle pareti, incorniciate e appese. In uno scatto ancora di Colita, si riconosce Elsa tra le pietre di Sant Martí Vell. Elsa potrebbe qui trovarsi in un cantiere di una delle sue case, in un angolo della piazza, su un ciglio di una strada a ridosso del bosco. Elsa sta raccogliendo qualche cosa da terra – è lo scheletro di un serpente. Elsa ne farà un calco, da qui lo farà fondere in argento e anche in oro – oggi lo porta Beyoncé al collo.
Candele di rose e di fico. Stanze anguste, pochi metri quadri, un ingresso, una stube, due scalini, una cucina. Alla parete un’opera di Christo, Gates a Central Park di New York. Sul retro, un giardino – in un’altra immagine ancora si riconosce Elsa seduta nella penombra, la schiena contro il muro in pietra e calce, a parlare con Ian Sanderson, fotografo scozzese che Elsa incontrò durante uno shooting per il Financial Times nel 2009. Oltre il giardino, una piscina con un vetro sulla parete sommersa, tramite questa si vede la valle e chi arriva comprende solo un rettangolo azzurro come fosse una pietra serena bloccata tra i sassi. A Elsa piaceva il concetto di rotto, qualcosa di rotto. Sull’altro angolo, la torre cisterna, per la raccolta dell’acqua. Quando Elsa arrivò a Sant Martí Vell, l’acqua la si portava in casa sulle spalle.
Carlo Mazzoni
November 05, 2024